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Opinione scritta da: Redazione 8:21:20 11-01-2011
Quando nel 1976 Richard Dawkins (etologo britannico e ottimo divulgatore) diede alle stampe il suo libro “Il gene egoista” certo non immaginava di dare origine a uno dei concetti più interessanti e innovativi degli ultimi quarant’anni: quello di “meme”.
Il libro è tuttora molto controverso e discusso per la sua tesi principale , ossia che le persone non sono altro che l’”armatura protettiva” del loro patrimonio genetico. Ma è il concetto di meme ad aver colpito il mondo scientifico e l’opinione pubblica: lo stesso etimo della parola, formata sul calco di “gene” con “mimesi” richiama il patrimonio genetico e la possibilità di riprodursi ed evolversi.
Il meme, nella definizione di Dawkins, è un’entità di informazione che ha la capacità di moltiplicarsi passando da una mente all’altra. Niente di esoterico in questa definizione, il classico esempio di meme è la canzoncina che sentiamo alla mattina alla radio e che per tutto il giorno ripetiamo distrattamente: il meme della canzone si è “impiantato” nel nostro cervello. Nel frattempo la riproduzione del meme continua senza sosta: canticchiando potremmo aver contagiato anche il nostro vicino di scrivania, che a sua volta continua a ripetere lo stesso motivo.
Anche questo esempio mostra la potenza del concetto di meme ossia la sua somiglianza con il gene: come il patrimonio genetico anche il meme si riproduce mutando e così a ogni passaggio la canzoncina verrà storpiata nel testo o cantata con un motivetto leggermente diverso. La mutabilità del gene apre spesso le porte a concetti completamente diversi e a strade “evolutive” impensate.
Non si deve ritenere che il meme sia limitato alle canzoni: memi potenti sono ad esempio le ideologie politiche, gli slogan pubblicitari, le credenze religiose, le mode nell’abbigliamento e negli stili di vita. E come per i geni anche i memi hanno trovato un terreno di coltura particolarmente fertile: internet.
Fin dall’inizio della sua diffusione su larga scala internet ha avuto moltissimo a che fare con la diffusione di idee e senz’altro le catene di Sant’Antonio sono il classico esempio di diffusione di un’idea o di un informazione. In questo caso internet permette la distribuzione a migliaia di persone contemporaneamente di un concetto (per esempio il sabotaggio delle catene petrolifere) tramite e-mail. Il meme propagato “muore” quando non trova terreno fertile (la persona che non crede al concetto) mentre si moltiplica smisuratamente nel caso contrario.
Ma ancora più efficace è la distribuzione dei cosiddetti “viral”, filmati, immagini o animazioni flash che per la loro efficacia comunicativa si diffondono enormemente col solo passaparola. “Viral” non a caso si riferisce proprio al diffondersi “virale” di un batterio o di una malattia.
Anche se spesso sono molto divertenti (si pensi ai “Chuck Norris’Fact”) proprio l’efficacia dei viral come mezzo di trasmissione di idee o messaggi mostra il lato oscuro del concetto di meme. I pubblicitari, capitane la potenza nel veicolare prodotti, studiano e progettano i memi perchè siano di facile e immediata penetrazione. Ma qual’è il confine tra legittima diffusione di un’idea e manipolazione?
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